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Rumore
Collocato in una nicchia della chiesa (San Bernardino alle Ossa) il video interroga chi guarda sull’identità del singolare protagonista di cui non si scorge il voto: i sette minuti di Rumore sono interamente occupati dallo scorrere d’inquadrature che mostrano un uomo scalzo che cammina senza fermarsi mai nel centro di Milano. Questo flusso d’immagini è però costantemente ‘disturbato’ dal sovrapporsi di altre immagini, un secondo film che irrompe nel primo, come elemento di discontinuità, per tagli imprevisti e molesti:
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immagini-lampo di poveri cristi, di senzatetto, di mendicanti. Una realtà parallela di emarginazione rivelata senza alcun filtro da sonorità urbane crude, aggressive.
L’ininterrotto procedere tra la folla del protagonista è invece accompagnato da una traccia sonora estraniante tratta da ‘Vibractions’, un’installazione sonora dell’artista del ’78. Del protagonista non vediamo mai il volto. Nel suo peregrinare l’uomo entra in tre chiese: con lui entra il rumore del mondo. Ogni volta qualcuno, disturbato nel suo raccoglimento, lo zittisce. Costretto ad uscire, torna nel mondo il cui rumore lo segue come un carico che si porta addosso. L’ultima scena lo mostra mentre s’allontana e svanisce in cielo. La sua identità non viene svelata. L’intera struttura del video si sviluppa come un’investigazione su di uno sconosciuto, il cui peregrinare nel centro di una Milano affollata di gente, in giro per negozi, ciascuno con il suo cellulare pronto a fotografare e fotografarsi è un elemento perturbante. La ‘richiesta di senso’ che Rumore pone è incalzante, costringe a riflettere. Quegli squarci su di un mondo di emarginati turbano la nostra quotidianità, gettano una luce cruda su di una realtà che non può essere taciuta.[/read]
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