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Impermanenza
All’origine del video ‘Impermanenza’ c’è un precedente lavoro, un’installazione del 2014 dal medesimo titolo: tre torri costruite con centinaia di rami di misura decrescente. Anche in questo video gli elementi di cui le tre architetture sono costituite escono dalla fissità dell’installazione, assumono vita autonoma, trovano una loro voce: la voce dei singoli pezzi di legno. Il loro differente peso, la loro differente densità, il diverso impatto con il suolo nell’istante del crollo fornisce il materiale per la traccia sonora che rappresenta un aspetto fondamentale di questo videowork.[read]
Impermanenza e dintorni: Elena Scardanelli intervista Ferruccio Ascari
All’interno di Restless Matter, in un processo di continua trasmutazione che mi pare molto coerente con il senso che io intravedo in tutto il progetto, Impermanenza si trasforma in un video, anzi in qualcosa di ulteriore: un video che è anche un gioco, un gioco elementare, ma non superficiale che è quello di trasformare lo spettatore in giocatore sollecitandolo a far crollare le torri muovendo il mouse: qual è la posta in gioco?
Del video-gioco preferirei parlare dopo, ci sto ancora lavorando, posso intanto dirti qualcosa sul video: Impermanenza-video prende avvio da una tentazione, quella di uscire dalla fissità dell’installazione ambientale per entrare all’interno di una realtà immaginale del tutto differente, quella del cinema. Pur partendo da un identico soggetto, le due vie, parlando linguaggi diversi, si biforcano. L’installazione con tutta la sua precarietà, evoca un tempo invisibile, quello della avvenuta costruzione delle torri e dei crolli passati, testimoniati dai legni disseminati per terra; nel contempo emana ansietà per il ‘non ancora’, per un possibile ulteriore crollo, per un’imminente rovina. L’installazione ambientale è come sospesa tra un passato e un futuro, entrambi invisibili eppure, proprio per questo, capaci di farsi ‘presente’. Il filmato ostenta invece un presente continuo, del tutto illusorio, ma continuamente riproducibile. Mi spiego meglio: Impermanenza-video si compone di un numero di fotografie equivalente al numero dei legni che compongono le torri; ciascuna foto registra il progressivo innalzarsi delle torri, legno dopo legno; le mani che nella realtà li muovono – come accade in ogni stop-motion – non vengono mai ritratte. Sarà l’animazione delle foto a prestare alle torri un’autonomia che altrimenti non avrebbero mai posseduto: nel filmato le torri crescono (e de-crescono) come mosse da una loro propria volontà. L’installazione ambientale, offrendosi in tutta la sua precarietà, credo riesca a suggerire l’illusorietà di ciò che chiamiamo ‘reale’, il filmato, dichiarando fin dal primo fotogramma tutta la sua finzione, inventa – proprio attraverso l’illusione di movimento – una ‘sua realtà’ e chiede a chi guarda la complicità necessaria per entrare in quella illusione di secondo grado che è il cinema. Personalmente penso al film d’animazione come alla forma più originaria di cinema, comunque a quella che che più si dimostra capace di significare ciò che mi sta a cuore.
Quello del video-gioco è un linguaggio che mi sta interessando molto perché illusione e complicità qui si elevano all’ennesima potenza. Mi chiedi della posta in gioco: se l’illusione cinematografica è illusione di secondo grado rispetto a ciò che chiamiamo ‘vita’ e se l’illusione di ‘vita’ nell’interazione del video-gioco è ancora superiore all’illusione cinematografica, allora il giocatore nel video-gioco paradossalmente rischia più della vita.
Il suono è un altro elemento Importante di questo video. Non è qualcosa di estraneo alla natura degli elementi che compongono le torri. Anzi, proprio la loro voce fornisce il materiale per la composizione: è la voce dei singoli pezzi di legno con il loro differente peso, con la loro differente densità e il diverso impatto con il suolo nell’istante della caduta. Mi vuoi dire qualcosa in merito?
Come saprai, fin dai miei primi esordi artistici, quello del suono è stato uno degli elementi che più hanno contato nella mia ricerca. In questo lavoro per campionare la ‘voce’ di ogni singolo legno mi sono fatto aiutare da Nicola Ratti. Nicola ha eseguito queste registrazioni con la sensibilità che solo un musicista della sua vaglia può avere. Una volta attribuito ad ogni fotogramma il suono corrispondente a ciascun legno, montare il filmato è risultato essere come suonare uno strumento, come comporre sonorità attraverso il progressivo comporsi delle sequenze visive: un gioco assai catturante che riprenderò in un prossimo video, La freccia che colpisce il bersaglio vola per sempre.[/read]
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