1999 Libro Muto

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Libro
Muto

Dietro questo libro d’artista di Ferruccio Ascari c’è una storia singolare: Libro Muto è stato realizzato a partire dal ritrovamento e dall’utilizzo di due singolari testi: un vecchio libro di storia naturale stampato in Braille – sistema di lettura e scrittura tattile a rilievo per non vedenti – e il ‘diario di bordo’ redatto quotidianamente dall’ufficiale della motonave Vittoria, in viaggio nel 1936 dall’Italia all’India. Questi due testi divengono i ‘materiali’ da cui prende origine Libro Muto: un’opera in cui vengono utilizzati linguaggi diversi, il collage, la scrittura, la pittura. Ciascuna delle immagini che compaiono in questo libro è anche all’origine di un video (Libro Muto) che ha lo stesso titolo e di una serie di lavori dell’artista o, meglio, di veri e propri cicli di opere: una modalità peraltro tipica del suo percorso artistico. E’ come se ciascuna delle immagini che troviamo in Libro Muto contenesse un nucleo ideativo, fosse una specie di cellula germinale da cui quei cicli di opere sono scaturite.

 

Intervista di Daniela Cristadoro a Ferruccio Ascari

C: Dietro questo libro c’è una storia singolare. Me la puoi raccontare?

A: Diversi anni fa venni in possesso di una cassa di vecchi libri destinati al macero,[read] conteneva tra l’altro dei testi di storia naturale e geografia in Braille e alcuni diari di bordo puntigliosamente redatti dall’ufficiale faceva quotidianamente il ‘punto nave’ sul ‘Vittoria’, motonave in viaggio nel 1936 dall’Italia all’India. La cassa restò comunque chiusa nel mio studio per diverso tempo. Un giorno l’aprii e cominciai ad usare i fogli di quei libri e di quei quaderni per una serie di disegni e di guazzi.

C: Il libro non ha titolo e il titolo del video è “Libro Muto” Cosa hai voluto dire?

A: Il riferimento al Mutus Liber, il libro di Alchimia pubblicato in Francia nella seconda metà del 1600, non è casuale, è anzi esplicita: anche questo mio libro, come quello, è fatto di sole immagini e può darsi vi sia, pur se non così esplicita, qualche consonanza.

C: Cosa ti ha spinto a usare i fogli di un libro di geografia per ciechi e le pagine del diario di bordo di una nave, ossia dei quaderni di calcoli astronomici, come supporto per dei disegni e dei guazzi?

A: Alcuni processi, per quanto possano essere innescati consapevolmente, procedono poi in modo non del tutto prevedibile: ogni segno che veniva impresso sulla quella scrittura per ciechi o sui quei calcoli astronomici, oltre a violare l’ordine del discorso di quei fogli, ne era a sua volta decisamente influenzato. Ne veniva fuori una specie di viaggio nel viaggio, una stratificazione di linguaggi, un accumulo di segni generatori di contraddizioni e di consonanze impreviste… Come dice il poeta, Al andar se hace el camino…

C: Ogni libro è in un certo modo un viaggio, un viaggio nell’immaginario, nella mente dell’autore se si tratta di letteratura, comunque un viaggio di conoscenza se si tratta di saggi o più semplicemente di manuali. Il tuo libro è una sorta di ipertesto: in sovrimpressione sulle pagine stampate in braille o su quelle del diario di bordo compaiono una serie di silhouette umane in diverse posture yogiche, così come organismi vegetali dalle forme curiose, aggregazioni di cellule in espansione e anche stormi di uccelli in volo. Quello che sei andato costruendo è un universo complesso, in continuo movimento, dove ogni singola immagine rinvia ad un’altra in un gioco continuo di rimandi non espliciti, segreti. Qual è la rotta che hai seguito, o meglio che tipo di viaggio hai voluto far compiere a chi sfoglia le pagine del tuo libro o a chi guarda il video “Libro Muto“?

A: La rotta tracciata dal “Vittoria” in navigazione verso l’India nel ’36 è stata per me una grande suggestione, un viaggio mentale… cui però si sovrapponevano viaggi che intanto facevo realmente. Per vent’anni, ogni anno mi sono infatti recato in India per studiare il Sāṃkhya e praticare Yoga. Anche le piante che disegnavo su quelle pagine erano in parte reali e in parte immaginarie, lo stesso si può dire di altre figure. Non mi sono posto ad ogni modo la questione di che sorta viaggio potesse fare chi avesse sfogliato quelle pagine perché questo libro l’avevo concepito come una specie di diario personale.

C: Ciascuna delle immagini che compaiono in questo libro è anche all’origine di una serie di tuoi lavori o, meglio, di veri e propri cicli di opere: una modalità peraltro tipica del tuo percorso artistico. E’ come se ciascuna delle immagini che troviamo nel Libro contenesse un nucleo ideativo, fosse una specie di cellula germinale da cui quei cicli di opere sono scaturite…Sei d’accordo?

A: La maggior parte di questi miei ultimi video prendono le mosse da una precedente opera: un’installazione ambientale oppure una serie di foto, di disegni, di guazzi. I video sono come la continuazione di un’idea con altri mezzi: la camera è rivolta non già fuori, verso la così detta realtà esterna, ma guarda all’interno di un lavoro precedente; un tale sguardo fa da propulsore per un’ulteriore messa in moto della stessa idea di cui era espressione. Alcune linee di forza che avevano trovato modo di manifestarsi in un certo modo trovano qui, nei video, un altro campo linguistico attraverso il quale continuare a esprimere ciò che eventualmente hanno ancora da dire. Detta in altri termini: una parte di quei segni non intendeva rimanere relegata nel segreto di quei fogli.

C: Che relazione esiste tra il flusso di immagini che scorrono nel video e la traccia sonora che lo accompagna?

A: La traccia sonora lungo la quale il video si snoda deriva da un altro mio vecchio lavoro. Più di trent’anni fa registrai per una trasmissione della Rai (Fonosfera, RAI, Radio I) che dava spazio alla ricerca di artisti che lavoravano col suono, alcuni brani. Tra questi brani vi era Virage che poi avrei usato in Libro Muto. Partii dal foglio di una partitura per piano; la strappai in tanti piccoli frammenti; ciascun frammento venne eseguito in un ordine casuale; l’ultima fase del lavoro consistette nel ‘decapitare’ le note cancellando dal nastro magnetico i colpi del martelletto, conservandone solo le vibrazioni. Un lavoro, in qualche modo ‘incompiuto’, che risuona, dopo tanti anni, all’interno di un nuovo lavoro: del resto credo che tutti i miei lavori possano dirsi ’incompiuti’, frammenti di un tutto chissà se destinato mai a trovare una qualche sorta di compimento …

C: Mi pare di poter dire che sia il libro privo di titolo che ‘Libro Muto’, il video, siano in fondo solo due diversi aspetti, quasi due ‘maschere’, di un’unica opera in continua metamorfosi, in un continuo gioco di riflessi… Ho pensato che in qualche modo tutto ciò abbia a che fare con l’alchimia. Mi sbaglio?

A: Chi può dirlo?[/read]


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