In “Sassifraga Ombrosa” (1982) e in Notturna, è il rapporto tra architettura e partitura sonora ad essere privilegiato: in entrambe le opere l’architettura (nel primo caso la facciata della neoclassica Villa Ponti a Varese, nel secondo il chiostro quattrocentesco del palazzo della Pinacoteca di Volterra) veniva assunta come territorio su cui innestare l’interazione tra differenti piani linguistici;[read] i rapporti tra corpo umano, luce, suono, spazio architettonico istituivano una rete complessa di relazioni per contiguità e interferenza. A Varese, gli elementi della facciata di Villa Ponti venivano sottolineati e insieme stravolti attraverso un gioco di illusionistico sfondamento prospettivo della superficie che sembrava indagare la parte interna dell’edificio proprio mentre ne offriva, in effetti, una stralunata e immaginaria ricostruzione. L’intero edificio, così violato, diventava una sorta di gigantesca apparizione fantasmatica attorno alla quale si distendeva, come una zona d’ombra, il parco della villa che veniva attivamente integrato nel corpo dell’opera: un tracciato sonoro lo attraversava, lo indagava, invitava a percorrere dentro di esso invisibili cammini fatti di suono, di voci che disegnavano un labirinto dove alternativamente ci si perdeva e ci si ritrovava.[/read]
Sassifraga Ombrosa. Installazione ambientale e sonora, Varese, Villa Ponti, 1982 [PE0016]