1981 Quiescente Obliqua
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Quiescente
Quiescente Obliqua è stata presentata per la prima volta nell’ambito della rassegna Paesaggio Metropolitano,[read more=”Read More”less=”Read Less”]a cura di Giuseppe Bartolucci, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, nel gennaio del 1981. La partitura sonora, così come quella visiva furono specificamente ideate dall’artista per quello spazio, mentre la coreografia nacque dalla collaborazione con il danzatore Gustavo Frigerio. Elemento fondante dell’opera l’interazione tra diverse piani linguistici, attraverso l’attivazione di rapporti tra corpo umano, luce, suono, ambiente. Nel corso della performance lo spazio della scena veniva indagato attraverso un reticolo di segni luminosi: si andava così progressivamente costituendo un ambiente virtuale, una vera architettura luminosa con la quale interagiva il corpo in movimento del danzatore. Ci fu chi, come Nico Garrone a proposito di questo lavoro di Ferruccio Ascari parlò di paesaggio urbano: I tagli luminosi in movimento architettettavano uno spazio tratto simile ai fotodinamismi futuristi o alle scomposizioni animate della Bauhaus (1) e chi, come Franco Cordelli pensò, similmente, a citazioni dall’astrattismo storico da Prampolini e da Atanasio Soldati (2). Attraversando il tracciato costruito dalla luce il corpo del danzatore, sottoposto a continue metamorfosi, compariva e scompariva in un processo di tendenziale assimilazione all’architettura. Giorgio Verzotti, penetrando più a fondo il senso tutto contemporaneo di questo lavoro, scriveva nel saggio di presentazione che la virtualità posta in atto può essere colta nella sua attiva destrutturazione dell’architettura ambientale. L’oscillazione di segni luminosi e la combinazione di essi con la partitura danzata infondono effetti di illusorietà, come illuminazioni che scavano dentro una profondità fittizia. Il concetto, la misura, messi in luce e attivati risultano ineffettuali perché procurano la perdita e il non senso (3). Successivamente ‘Quiescente Obliqua’ è stata riproposta in altre situazioni (4), modificandosi – coerentemente con il proprio assunto di fondo – in relazione allo spazio in cui veniva ospitata, ma nel contempo mantenendo fermo l’assetto concettuale da cui era scaturita.
“Quiescente, Obliqua”: intervista a Ferruccio Ascari di Marco Marcon 1981[read more=”Read More”less=”Read Less”]
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